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      Sedicimila miglia eran dunque, nella mente del filosofo di Clazomene, una distanza comparabile alle misure celesti. Di Empedocle (-450) vien riferito, che facesse il Sole eguale alla Terra, e che ponesse il Sole ai limiti dell'universo. Le idee di Empedocle erano dunque assai meno ristrette di quelle di Anassagora, del quale fu press'a poco contemporaneo451.
      5. Quando si considerano i primi tentativi, con cui i filosofi greci si studiarono di ordinare le distanze degli astri, si incontrano delle ipotesi ben singolari, Secondo Anassimandro (-610 -547), il Sole era il corpo celeste più lontano d'ogni altro dal centro dell'universo; seguiva la Luna, quindi le stelle fisse nelle regioni a noi più vicine. Poco diversa era la disposizione adottata da Parmenide di Elea (-460), secondo il quale la sfera più elevata era quella di Espero (già riconosciuta a quei tempi come identificazione delle stelle del mattino o della sera): seguivano il Sole e la Luna; quindi le stelle nella sfera più bassa. Di Leucippo al contrario (-400) scrive Diogene Laerzio, che ponesse il Sole nel più alto luogo, la Luna nel più basso, e gli astri rimanenti nella sfera intermedia. Queste diversità di opinioni potrebbero parere a taluno ridicole. Ma convien riflettere che a noi è impossibile immaginare esattamente le difficoltà con cui ha dovuto lottare l'ingegno umano per svincolare il vero dalle intricate apparenze del cielo. Io dirò che fino a Copernico non si ebbe alcun criterio rigoroso per fissare l'ordine delle sfere planetarie; che l'ordine generalmente ricevuto dagli antichi e sancito da Tolomeo, non è fondato che sopra una congettura, la quale attribuiva maggior distanza e maggiore orbita a quel pianeta che aveva una rivoluzione più lunga rispetto alla Terra452.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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