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      In queste considerazioni sta la base razionale degli antichi sistemi pitagorici fondati sul moto della Terra, e specialmente di quello attribuito a Filolao. Da esse si comprende, come questi sistemi non sono il portato di una immaginazione sregolata, ma risultano semplicemente dalla tendenza di combinare il dato delle osservazioni con un principio prestabilito sulla natura delle cose e sullo spirito animatore del mondo. Soltanto in questa maniera possiamo spiegarci, che la dottrina del moto della Terra, così contraria al volgar senso degli uomini, così pericolosa ad esporre davanti al volgo, per sostenere la quale Galileo ha dovuto combattere, venti secoli dopo, così aspre battaglie, che da Francesco Bacone ancora non si concedeva come dimostrata, che questa dottrina, dico, appaia nei primordi dell'astronomia come opinione generale di una numerosa ed illustre scuola di filosofi.
      Il sistema cosmico più celebre delle scuole pitagoriche è quello che specialmente si attribuisce a Filolao, e che sembra fosse adottato ancora dalla maggioranza di quei filosofi fin quasi ai tempi di Aristotele. Filolao, nativo di Taranto503, visse a un dipresso fra la 70ª e la 95ª olimpiade (500-400 a. C.)504: fu contemporaneo di Democrito e di Anassagora, e dall'Italia emigrò a Tebe di Beozia, dove visse una parte della sua vita. Al suo tempo la società fondata da Pitagora in Crotona era già stata dispersa (510 circa), e ciascuno dei seguaci fuggitivi potè professare per suo conto, rotto il vincolo del segreto.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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