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      XII). Così evitava Filolao l'incongruenza di collocare fuori del centro dell'universo un altro focolare d'attività o d'influsso vivificante. Nè il fuoco dell'Olimpo, nè il fuoco centrale, come invisibili, potevano arrecare alcun cambiamento nelle fasi della Luna, esclusivamente dovute al Sole. Se noi aggiungiamo a questo quadro il movimento della Luna, del Sole e dei pianeti secondo i periodi delle loro rivoluzioni siderali, e la fissità assoluta dal cielo stellifero, abbiamo un insieme, che sufficientemente spiega i fenomeni più importanti che dagli osservatori di quel tempo potevano essere constatati.
      Una sola obbiezione importante si poteva fare in quel tempo ad una simile costruzione: la Terra, essendo lontana dal centro di tutto il raggio della sua orbita diurna, dovea col suo girare produrre una ineguaglianza o parallasse diurna nel moto di tutti gli astri, tanto più sensibile, quanto meno essi eran distanti dalla Terra e dal centro dell'universo. Per isfuggire a questa difficoltà non vi era altra via, che supporre la distanza della Terra dal centro dell'universo molto piccola in confronto delle distanze della Luna, del Sole, e degli altri pianeti. Pare che realmente questa difficoltà si sia presentata ai Pitagorici, perchè Aristotele nel libro II de Coelo, capo 13 (vedi Doc. VI), ha quanto segue: "La circostanza poi del distare la Terra dal centro di un intiero semidiametro del circolo da essa descritto non impedisce, secondo i Pitagorici, che i fenomeni ci appaiano come se fossimo al centro: perchè alcuna differenza sensibile non appare neppure nella supposizione, che il centro della Terra sia il centro dell'universo, e che noi siamo lontani da quel centro la metà del diametro terrestre". Eludevano dunque i Pitagorici la difficoltà col dichiarare, che essa sussisteva anche nell'ipotesi della Terra centrale.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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