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      Ora, poichè consta da certissimi documenti, che quest'ultimo stadio delle deduzioni possibili è stato veramente raggiunto in Grecia ancora vivendo Eraclide Pontico, e senza dubbio raggiunto non per capriccio del caso, che in queste cose può nulla, ma per forza dell'intelletto, non è egli plausibile ed utile indagare la connessione più diretta, anzi la sola possibile nello stato della scienza di quei tempi, che lega il primo anello, cioè il sistema d'Eraclide Pontico, coll'ultimo, che è il sistema copernicano?
      Procedendo dunque ad esporre le circostanze che hanno potuto favorire questa grande evoluzione delle idee sull'ordine cosmico, diremo ancora, che un'obbiezione formidabile minava già fin dal principio il fondamento delle sfere omocentriche d'Eudosso, adottate come base del sistema del mondo dai Peripatetici. In questo sistema le sfere dei singoli pianeti erano disposte concentricamente alla Terra, e le loro distanze dalla Terra erano assolutamente invariabili. Ora le enormi mutazioni di splendore apparente in Marte ed in Venere accennavano a grandi diversità di distanza in diverse posizioni di questi pianeti rispetto al Sole. Questi fenomeni non erano sfuggiti all'attenzione dei Greci: e la difficoltà che da essi nasceva contro le sfere omocentriche non era ignota ad Aristotele, nè era ignota a Callippo e a Polemarco, astronomi che da Aristotele erano stati chiamati in Atene per stabilire definitivamente le basi di quel sistema, in modo da salvare i fenomeni e da evitare ogni difficoltà592. Ma invano si provarono a scioglier il nodo; nè potè scioglierlo Autolico di Pitana, geometra ed astronomo ben conosciuto, che pure vi si provò. Ed è certo che questo fu il principale ostacolo, che più tardi indusse gli astronomi ad abbandonare le sfere omocentriche, per abbracciar la teoria degli epicicli.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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