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      E ciascun pianeta si supponeva descrivesse il proprio eccentrico da apogeo ad apogeo o da perigeo a perigeo nell'intervallo della sua rivoluzione sinodica, allora già abbastanza esattamente conosciuta. Quanto al rapporto fra il raggio dell'eccentrico e la distanza del suo centro dalla Terra, esso per Mercurio e per Venere era dato immediatamente dall'osservazione delle elongazioni dal Sole; per i pianeti superiori dipendeva dall'osservazione delle quadrature. Queste ipotesi bastavano a rappresentare la cosidetta seconda ineguaglianza o ineguaglianza solare, da cui derivano tutte le anomalie sensibili, cioè le stazioni e le retrogradazioni. Della prima ineguaglianza, che dipende dalla posizione della stella sullo zodiaco, e per la quale Tolomeo immaginò il suo eccentro fisso, non si aveva allora alcuna idea. Callippo non la conobbe e sembra che nessuno la conoscesse prima di Ipparco. A compiere lo schema del sistema planetario occorreva ancora sapere in qual modo i centri dei cinque eccentrici erano distribuiti sulla linea retta che univa la Terra al Sole. La questione non aveva grande importanza per l'astronomo, che allora si contentava di rappresentare mediante ipotesi le condizioni geometriche del movimento; era invece importantissima per il fisico, che voleva imparare a conoscere la struttura dell'universo, non quale si può immaginare, ma quale essa effettivamente è602. Era naturale supporre che questi centri, i quali coincidevano col Sole quanto alla direzione, facessero lo stesso anche quanto alla distanza.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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