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      196 Č degno di nota, che anche gli antichi Iranici supponevano l'esistenza di due cieli; uno esterno (invāsha) continuamente in rotazione, nel quale sono infisse le stelle; uno interiore (āsman) di materia azzurra trasparente, che rappresenta il firmamento biblico. Vedi SPIEGEI., Eranische Alterthumskunde. Vol. I, p. 188-189 e Vol. II, p. 13 e 109. In nessun luogo dell'Antico Testamento sono menzionati i tre od i sette cieli del giudaismo posteriore e del Nuovo Testamento, dei quali l'origine babilonese puņ esser considerata come sicura.
      197 IV REGUM XXII1, 5.
      198 ISAIA XLVII, 13
      199 Fed. DELITZSCH, Das Buch Hiob, p. 169 del comento (Lipsia, 1902). Questa speranza non sembra che debba avverarsi molto presto. Gią abbiamo voluminose ricerche di dotti assiriologi sulle costellazioni nominate nei monumenti cuneiformi; ma le discordanze dei risultati non inspiran molta fede nella sicurezza delle interpretazioni. Di tali discordanze si puņ vedere qualche saggio presso GINZEL, nella sua memoria riassuntiva Die astronomischen Kenntnisse der Babylonier und ihre kulturhistorische Bedeutung, nella Raccolta di G. F. LEHMANN intitolata Beitrage zur alten Geschichte, Vol. I. pag. 3-24.
      200 Sotto quali condizioni di vocalizzazione si possa ridurre la differenza dei due nomi a quella che č tra la scriptio plena e la scriptio defectiva del medesimo vocabolo, veggasi Fed. DELITZSCH, Das Buch Hiob, pag. 144 del comento. Egli inclina a credere che nell'un caso e nell' altro si debba leggere 'esch.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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