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      È dunque a sapere che Simplicio, nel commentare il secondo libro delle Lezioni fisiche d'Aristotele, viene a parlare della distinzione fra le ricerche fisiche e le ricerche matematiche delle cose naturali, e cita in appoggio del suo discorso un lungo pezzo dell'Introduzione alla Meteorologia di Posidonio, secondo il compendio fattone da Gemino. Secondo Posidonio, appartiene alla teoria fisica il ricercare l'essenza, la potenza, la qualità, la generazione e la corruttibilità del cielo e degli astri: invece l'astronomia non si occupa di quelle prime cose, ma specialmente ricerca le figure, le grandezze e le distanze della Terra, della Luna e del Sole, le eclissi e le congiunzioni dei corpi celesti, e le qualità e quantità dei loro movimenti; per le quali investigazioni le occorre l'aiuto dell'aritmetica e della geometria. Ma, sebbene il fisico e l'astronomo abbiano molti oggetti comuni di ricerca (per esempio, la grandezza del Sole o la sfericità della Terra), non seguono però la medesima via... Quello infatti dimostra principalmente le cause e le potenze efficienti; questo, incapace di sollevarsi alla contemplazione dell'essenza delle cose, si limita a dimostrarne le circostanze esteriori... Posidonio prende quindi l'esempio dell'anomalia nel moto della Luna, del Sole e dei pianeti, e dice, che col rappresentarla per mezzo di eccentrici o di epicicli (che è il problema dell'astronomo) non è ancora fatto tutto: ma rimane il problema del fisico: di scegliere cioè fra le ipotesi capaci di spiegare i movimenti, quella che si accorda colla trattazione fisica del mondo.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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