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      Di quelli che vennero dopo Ideler, nessuno (salvo H. Martin) parve aver preso notizia del suo bel lavoro; onde anche oggidì si continua a scriver la storia delle ipotesi d’Eudosso come la scrivevano un secolo fa Montucla e Bailly. Dobbiamo eccettuare sir George Cornewall Lewis, il quale nella sua opera sull’astronomia degli antichi16 mostra di conoscere la Memoria d’Ideler, ma non di comprenderne l’importanza; egli pure non ha inteso il senso delle durate assegnate da Eudosso alle rivoluzioni planetarie. Però giustamente riconosce, che in questo problema e nella soluzione datane da Eudosso vi doveva esser nascosta molta sottile geometria, sebbene poi non sembri credere possibile di ricondurla alla luce17.
      Nella presente Memoria io mi sono proposto di completare e di correggere l’opera d’Ideler, e di mostrare infine agli astronomi ed ai geometri quale somma d’ingegnose combinazioni sta nascosta in ciò che ad altri è sembrato ridicolo, o non degno di attenzione alcuna. Noi vedremo messa per la prima volta in chiaro la natura di quella elegante epicicloide sferica, detta da Eudosso ippopeda, che è il cardine fondamentale di tutto il suo sistema. Investigheremo entro quali limiti di esattezza le ipotesi eudossiane potevano adattarsi a rappresentare le osservazioni; e da questo studio ricaveremo qualche luce (sebbene non tanta, quanta si potrebbe desiderare) per conoscere la natura delle riforme, che Callippo e Polemarco v’introdussero posteriormente. E comprenderemo ancora la necessità e la ragione di quella grande moltiplicità di sfere, che a torto fu rimproverata da chi non ne intendeva l’ufficio; e che parve cosa degna di riso e di compassione alla nostra epoca, la quale, senza saperlo, nelle teorie planetarie fa uso degli epicicli a decine e a centinaia, nascondendoli sotto il titolo di termini periodici di serie infinite.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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