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      16. In secondo luogo si noterà, come con brevi e precise parole si descrivono l’una e l’altra ipotesi. Manifestamente erano le principali, di cui allora i matematici usassero occuparsi. La prima delle due è l’ipotesi epiciclica semplice, in cui il centro dell’epiciclo si muove di moto circolare uniforme sul suo deferente intorno alla Terra come centro. È lo schema adottato per Mercurio e Venere da Eraclide Pontico; schema semplice, e molto diverso da quello più artifizioso, ma meno elegante, adottato da Tolomeo. Dalle parole dell’Almagesto combinate con quanto si espone in un altro luogo della stessa opera (libro IX c. 2), dove si afferma che i matematici prima d’Ipparco non dimostravano geometricamente che una sola anomalia ed una sola retrogradazione, apprendiamo che i primi germi della forma tolemaica della teoria epiciclica non possono risalire al di là d’Ipparco. Ne concludiamo, che la forma dell’ipotesi epiciclica semplice, cui Apollonio accenna, non fu abbandonata neppure dai geometri posteriori fino ad Ipparco; il quale pare sia stato il primo a distinguere l’una dall’altra le due grandi ineguaglianze dei pianeti che dipendono l’una dalla posizione di essi rispetto al Sole, l’altra dal loro luogo nello Zodiaco (anomalia solare ed anomalia zodiacale). Da Eraclide Pontico ad Apollonio vi fu circa un secolo d’ intervallo, ed un altro secolo da Apollonio ad Ipparco.
      17. L’ipotesi degli eccentri mobili è in certa guisa messa qui in parallelo con quella degli epicicli, e come avente ugual titolo ad essere discussa.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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