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      .... Iam Procyon furit,
      Et stella resani Leonis,
      Sole dies referente siccos.
      Abbiam dunque qualche diritto di considerare non solo Plinio, ma anche Cicerone ed Orazio fra quei complures, secondo Igino identificavano la Canicola con Procione. Questi complures esser tanti da non lasciare a Plinio il minimo sospetto, che potesse esistere, circa il significato della parola Canicula, ’opinione diversa dalla sua. Se un tal sospetto avesse sol potuto balenargli alla mente, non avrebbe parlato dell’identità di Procione e della Canicola in termini così semplicemente affermativi, com’egli ha fatto.
      4. Tuttavia è indubitabile, che presso molti scrittori latini la parola Canicula il Gran Cane, o la sua maggior stella, Sirio. È questo il caso, per esempio, di Manilio, di Columella, di 287; a non parlare di quelli che come Palladio ammettevano addirittura due Canicole, rappresentate dai due Cani maggiore e minore288. Furon poi altri non pochi, che nominavano la Canicola per averla udita nominare da altri come astro di grande e pernicioso influsso, senza saper bene a quale stella del cielo veramente corrispondesse: e fra questi io temo s’abbian da mettere quasi tutti i poeti latini, se debbo credere a certi indizi. Quindi una grande confusione in tutta questa materia, la quale ora non è più possibile dilucidare intieramente.
      IL GENERE FEMMINILE DEL NOME CANICULA ABBASTANZA CHIARAMENTE, CHE COMINCIÒ AD ESSERE USATO QUANDO A ROMA FU CONOSCIUTA, NELLA SUA FORMA GENUINA ED ORIGINARIA, LA PIETOSA LEGGENDA D’ICARIO, D’ ERIGONE E DELLA LORO CAGNETTA MERA, NON CHE LA RELAZIONE DI TAL LEGGENDA COLLE COSTELLAZIONI. IL DIMINUTIVO MOSTRA BENE CHE ALLORA DOVEVA CANICULA SINONIMO NON GIÀ DEL CANE MAGGIORE, MA DEL PICCOLO CANE, O DI PROCIONE. E COME TALE ESSA FU INTRODOTTA NELLE FESTE RELIGIOSE DEI ROMANI. NELLA SOLENNITÀ DEI ROBIGALIA,SI CELEBRAVA IL 25 APRILE PER SALVARE LE MESSI DALLA RUGGINE289, SI SACRIFICAVA ALLA DEA ROBIGINE (SECONDO ALTRI AL DIO ROBIGO) FRA LE ALTRE COSE UNA cagnetta rossa.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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