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      La confusione pare sia giunta al punto da modificare l’antico rito dei Robigalia. Ai tempi di Ateio Capitone e di Ovidio era uso che il sacrifizio si facesse sopra una cagna e non sopra un cane maschio. In conseguenza della confusione suddetta si perdette la purezza della tradizione e con essa quella del rito; già ai tempi di Vespasiano, se non prima, nelle Robigalia fu permesso di sacrificare un cane maschio, invece della cagnetta prima usata. Così almeno credo di dover intendere quanto scrive Columella nel suo poemetto già citato De cultu hortorum, (vv.’338-343):
      IPSA NOVAS ARTES VARIA EXPERIENTIA RERUM
      ET LABOR OSTENDIT MISERIS, USUSQUE MAGISTERTRADIDIT AGRICOLIS, VENTOS SEDARE FARENTES
      ET TEMPESTATEM THUSCIS AVERTERE SACRIS.
      HINC MALA RUBIGO, VIRIDES NE TORREAT HERBAS,
      SANGUINE LACTENTIS CATULI PLACATUR ET EXTIS.
      IL QUAL PASSO RICEVE UN’INDIRETTA CONFERMA DALL’ATTESTAZIONE DI PLINIO CONTEMPORANEO DI COLUMELLA CIRCA L’USO DEI PICCOLI CANI NEI SACRIFIZI: MARES CATULI PLACANDIS NUMINIBUS HOSTIARUM VICE TENENTUR; ERGO NON SOLUM HORTORUM PESTES SED ETIAM NUMINUM IRAS CATULIS EVITAMUS.
      5. Or basti di questi riti canicolari e ritorniamo ai testi di Orazio e di Seneca addotti in principio, come argomenti circa il color rosso di Sirio. Per quanto concerne Orazio, i versi già citati dell’ode 29ª del libro III:
      .... Jam Provyoii furitEt stella vesani Leonis,
      Sole dies referente siccos,
      mostrano che egli era persuaso dell’influsso estifero di Procione cioè della stella rappresentante in cielo la cagna Mera di Erigone e in terra la cagna rossa dei Robigalia.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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