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      Sarebbe tuttavia un errore il dedurre da questo passo di Omero, che l’uso di simili gnonomi od eliotropi fosse molto divulgato in Grecia ai tempi del poeta. La menzione speciale ch’egli ne fa, come di una particolarità notabile e caratteristica dell’isola di Syros dimostra che esso era una cosa rara, anzi unica in Grecia. L’osservazione dei solstizi non è poi cosa facile a far bene con un apparato di piccola dimensione e da persone non bene istrutte in questa bisogna. Nelle epoche solstiziali il Sole cambia la sua declinazione con tale lentezza, che all’osservatore non munito di strumenti sembra percorrere per molti giorni lo stesso parallelo; l’ombra dei gnomoni resta per più settimane quasi invariata. «Avvicinandosi il Sole ai tropici (scriveva Polibio istorico nella sua opera perduta Delle abitazioni sotto l’equatore) od allontanandosi da essi, il Sole rimane sempre loro vicinissimo, e la lunghezza del dì e della notte non varia quasi affatto per lo spazio di quaranta giorni». Una indeterminazione di quaranta giorni è cosa grave, anche trattandosi di agricoltura e di navigazione. Ciò malgrado, già nel poemetto d’Esiodo (800 av. C.), intitolato Opere e giorni, troviamo usati i solstizi come base a regole del calendario rustico e nautico. Questo ci porta a credere, che la determinazione di quei punti fondamentali dell’anno non fosse abbandonata alla stima degli agricoltori, ma si eseguisse in qualche luogo e quasi officialmente con una certa esattezza e regolarità. Lo stesso dobbiamo concludere dal fatto, che già in quel tempo appaiono le lune, o mesi, con nomi speciali e con posizione abbastanza stabile rispetto alle stagioni dell’anno.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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