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      1). Il secondo caso, come espressamente dice Baudhâyana445, si riconosce dai rettangoli, i cui lati sono 3 e 4; 12 e 5; 15 e 8; 7 e 24; 12 e 35; 15 e 36.
      Qui ci permettiamo tre osservazioni, che non sembrano prive d’importanza. Thibaut ha già notato, come l’ultimo dei triangoli rettangoli razionali qui nominati da Baudhâyana, quello coi cateti 15 e 36, è lo stesso che quello di cateti 12 e 5, mutate le dimensioni. Or qui domandiamo, se una simile tautologia dimostri, in chi se n’è reso colpevole, una intelligenza molto profonda dell’argomento?
      La seconda osservazione riguarda la divisione del teorema pitagorico in due proposizioni distinte. Il provare una verità geometrica generale su casi particolari è abitudine propria dei Greci. Partendo direttamente da notizie sulla letteratura matematica dei Greci, S. Günther ha cercato446 di restituire la dimostrazione che del teorema pitagorico davano gli antichi Pitagorici, e il suo tentativo coincide fin nei particolari con quella divisione in due casi che è indicata da Baudhâyana, e col modo proposto da Thibaut per la dimostrazione del primo caso. Nè occorre assicurare, che dietro le circostanze di tempo e di luogo è impossibile che Thibaut abbia avuto notizia del lavoro di Günther, o Günther di quello di Thibaut.
      Da ultimo chiameremo l’attenzione su di un’analogia, che non sembra possibile considerare come semplice opera del caso. Anche nella geometria di Erone Alessandrino occorre il teorema pitagorico nel calcolo della diagonale di un rettangolo ancora prima che di triangoli si faccia parola.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo II
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 438

   





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