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      All’epoca del Rinascimento, Purbach e Regiomontano non fanno altro che spiegare e commentare quel famoso libro. E se ben si considera, Copernico medesimo non è altro che un continuatore dei Greci, poiché all’idea fondamentale d’Aristarco egli adattò i metodi geometrici d’Ipparco e di Tolomeo. Né gli strumenti di Ticone, nè i suoi metodi d’osservazione includevano alcun principio importante, che non fosse conosciuto e praticato dai Greci e dagli Arabi. Keplero stesso, il quale ruppe l'incantesismo dei moti circolari, considerò ancora le rivoluzioni celesti come un problema di geometria e di proporzioni numeriche, nè più, nè meno di quanto facessero i Pitagorici e Platone.
      Certo la gloriosa triade Copernico, Ticone e Keplero fu quella che preparò le vie all’astronomia nuova; essi però s’aggirarono ancora nel circolo delle idee antiche, delle quali gli ultimi rappresentanti furono, nella pratica delle osservazioni, Evelio; nella teoria, il P. Riccioli. Con questi finisce veramente la storia dell’astronomia antica, nella seconda metà del secolo XVII.
      L’astronomia moderna ebbe origine quando si cessò dal considerare gli astri come corpi di natura diversa dai corpi terrestri, e s’incominciò a supporli assoggettati alle medesime leggi fisiche e meccaniche a cui questi soggiacciono; quando il telescopio fu applicato all’osservazione del cielo e alle misure angolari; quando la dinamica, creata da Galileo, venne applicata da Newton al calcolo della figura e del movimento dei pianeti, dei satelliti e delle comete.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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