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      Tali nozioni possono considerarsi come patrimonio comune a tutti i popoli primitivi, ed in generale anche a tutti quelli che in ogni tempo non seppero elevarsi al disopra dello stato selvaggio. Esse, così semplici e rudimentali come sono, costituiscono però già un principio di scienza astronomica. L’uomo dell’epoca paleolitica, che riconobbe l’andamento periodico delle fasi lunari e si studiò di trovare quanti giorni sono in una lunazione, compì un’operazione altrettanto scientifica ed altrettanto astronomica quanto può essere per un astronomo moderno il definire la rivoluzione di un pianeta o d’un satellite, o il periodo di intensità luminosa di una stella variabile.
      Ciò posto, si vedrà subito quanto ozioso e futile sarebbe il proporsi d’investigare in qual tempo ed in qual luogo abbia avuto principio l’astronomia, e da chi sia stata inventata. Ogni popolo l’ha trovata per conto suo e nella forma più conveniente al suo bisogno; ma non tutti vi fecero uguali progressi. Molti fra i meno inciviliti son rimasti anche oggi alle prime nozioni, quali possiamo supporre siano in uso nella Terra del Fuoco o fra gli aborigeni dell’Australia. Altri, meglio dotati di intelligenza, e spinti da più avanzata civiltà, giunsero a più alto segno; specialmente dove già di buon ora l’osservazione dei fenomeni celesti fu connessa coi riti religiosi o servì alla divinazione dell’avvenire, come presso gli Egiziani ed i Babilonesi. Ma soltanto i Greci, questi maravigliosi creatori d’ogni filosofia, si elevarono a considerare l’astronomia come una scienza pura; e perciò appunto raggiunsero in essa, fra tutte le antiche nazioni, il più alto grado di perfezione, preparando i fondamenti al nobile edifizio dell’astronomia moderna.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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