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      La maggior parte delle isole importanti della Polinesia essendo poste a sud dell’equatore, i loro abitatori non possono profittare del modo semplice d’orientazione che offre la nostra stella polare; nè d’altro lato il polo antartico, così povero di stelle brillanti, può loro offrire qualche cosa di corrispondente. Come avran supplito a questo difetto? È probabile che la soluzione del quesito stia nelle parole, già addotte, di Cook: «che i Tahitiani conoscon tutte le principali stelle, distinguendole con propri nomi, e conoscono in qual parte del cielo esse appariscono». Il punto dell’orizzonte in cui si leva una stella e quella in cui tramonta, si possono per lungo tempo considerare come costanti in una data latitudine; e non variano gran fatto anche per latitudini alquanto differenti, quando si tratti di stelle non molto distanti dall’equatore celeste. È dunque manifesto che il punto di levata o di tramonto di ogni stella poteva fornire un’orientazione comoda e sufficiente per i navigatori privi di bussola. Si trattava soltanto di fissare preventivamente per ogni stella la relazione di quei due punti cardinali, facilmente definibili per mezzo del Sole o delle stelle medesime.
      Questo studio così attento del cielo stellato fatto dagli uomini primitivi doveva dar origine ad una rudimentale e rozza uranografia. Di essa sventuratamente nessuno si è curato di raccogliere le reliquie, che vanno ora rapidamente scomparendo al soffio della civiltà europea. Alcuni frammenti di tale uranografia sono stati conservati, specialmente nelle relazioni dei viaggiatori, e riguardano in modo quasi esclusivo certi gruppi principali di stelle.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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