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      Questo anno era diviso in dodici mesi di 30 giorni ciascuno, seguiti da 5 giorni epagomeni o complementari. Essendo la sua durata di quasi 6 ore minore della durata dell’anno solare, è facile comprendere come il suo cominciamento dovesse avanzare poco a poco sul corso del Sole, in modo da fare, dopo un certo intervallo, il giro di tutte le stagioni. Di qui il nome di anno vago. Prendendo come valore normale dell’anno solare tropico la durata ch’esso aveva 1500 anni prima dell’era volgare, cioè giorni 365,24244767, si trova che la differenza fra l’anno vago e l’anno tropico era in quel tempo giorni 0,242447, ovvero circa 1/1506 della durata dell’anno vago: onde segue, che nell’intervallo di tempo compreso in 1506 anni vaghi si dovevan contare soltanto 1505 anni tropici. Se dunque in una determinata epoca supponiamo coincidessero i due anni nel loro principio, tale coincidenza non doveva però rinnovarsi che dopo trascorsi 1505 anni ordinari o 1506 anni vaghi.
      Questo modo di computare il tempo doveva necessariamente produrre in breve spazio variazioni sensibili nella relazione del calendario civile colle condizioni fisiche delle stagioni: ma tale inconveniente (forse meno grande in realtà di quello che noi possiam essere inclinati a supporre) era compensato dal vantaggio di una grande uniformità e semplicità. Fu questa ragione senza dubbio, che indusse Tolomeo a servirsi dell’anno vago come base di tutti i computi astronomici, malgrado che al suo tempo esso avesse cessato di prevalere negli usi civili.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





Sole Tolomeo