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      Wer das Dichten will verstehen
      Muss ins Land der Dichtung gehen98
      In questa materia poi abbiamo il soccorso dell’analogia di quanto hanno operato altri popoli in circostanze consimili.
      Già nei primi secoli della loro residenza nella valle del Nilo gli Egiziani avevano dovuto pensare anche al computo dei tempi; e nessun periodo era per essi preferibile al ritorno naturale dei lavori agricoli. Il colmo dell’inondazione del fiume, che determinava il grado di ricchezza delle prossime raccolte era senza dubbio per loro, come per gli Egiziani moderni, un’epoca importante: e niente impedisce di credere che la festa dell’apertura del Nilo, la quale ancora oggidì si celebra con tanta allegrezza e solennità, non risalga fino a quelle epoche remote, in cui eguali cause, dovevano produrre eguali effetti. Questa facilissima osservazione della massima piena delle acque ha dovuto somministrare già da principio agli Egiziani il più natural modo di contare il tempo; ed è certamente pensare cosa contraria alla natura umana il supporre che fin d’allora essi abbian per questo scopo immaginato cicli artificiali. A somiglianza di quanto praticarono altri popoli, essi hanno dovuto da principio numerare per inondazioni o per messi gli anni dei loro re e gli intervalli che li separavano dagli avvenimenti anteriori più memorabili. Questo computo non era fondato sopra alcun sistema di numerazione artificiale; l’anno cominciava e finiva quando il Nilo terminava la sua fase crescente e si trovava alla massima altezza.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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