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      Rispetto a questo computo l’anno naturale ritardava di circa un giorno ogni quadriennio, o di quasi un mese in 120 anni. Le suddivisioni di un tale anno (detto perciò anno vago) non potevano dunque dare termini fissi per le epoche essenzialmente dipendenti dal corso del Sole. Per conoscer queste epoche o determinarle per l’uso comune non vi erano che due modi possibili: o gli Egiziani doveano far uso, accanto al calendario vago, di un altro calendario fisso, mantenuto in corrispondenza coll’anno naturale per mezzo di convenienti intercalazioni; e questa è l’ipotesi a cui si fermarono vari eruditi, fra altri Fréret, Letronne e Lepsius128; o doveano stabilire, se non un calendario fisso, almeno una regola per calcolare in ogni anno vago le date in cui dovevano ricorrere certi termini inevitabilmente connessi coll’anno naturale; ciò che sembra piacer meglio ad Ideler129. Questi due metodi differiscono più nella forma che nella sostanza, ed è indifferente pel caso nostro supporre piuttosto l’uno che l’altro. Nell’una e nell’altra ipotesi dovevano gli Egiziani far qualche specie di osservazione, che li avvertisse della ricorrenza dell’anno naturale.
      II. - Questa osservazione fondamentale era loro posta innanzi dalla natura nel grandioso fenomeno dell’inondazione del Nilo, dal quale dipendeva tutta la loro esistenza. Le vicende dei lavori della terra, le transazioni relative alle proprietà fondiarie, i termini dei tributi e delle offerte ai templi che si pagavano in natura, finalmente le feste connesse col fatto medesimo del crescere e del culminar delle acque, erano e sono, per quel popolo essenzialmente agricoltore, intimamente legate al ritorno periodico delle piene.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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