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      Ma il principio dell’anno sembra non sia stato posto sempre e dovunque nel medesimo mese: in ciò vi è nelle fonti una grande discordanza. Dei dieci codici manoscritti esaminati da Benfey e Stern, cinque danno i mesi nell’ordine qui sopra riferito, che è pure l’ordine osservato nel calendario persiano all’epoca dei Sassanidi. Invece altri quattro, sempre conservando la stessa sequenza ciclica dei nomi, fanno cominciare l’anno col Tirix o Tiri; ed uno lo fa cominciare col Sondara. La spiegazione di questa diversità non sembra facile; non è neppur sicuro che essa abbia radice nei fatti e non dipenda da circostanze inerenti al modo con cui queste liste vennero compilate e disposte nei diversi emerologi.
      Basterà ora una rapida comparazione dei nomi cappadoci con quelli del calendario persiano in zendo e in pehlvi, per far vedere una poco meno che completa identità. Le differenze più sensibili hanno luogo nel primo, nel decimo e nel dodicesimo mese; non son tali però da non ammettere una plausibile spiegazione239. A proposito dell’analogia fra le diverse liste osservano Benfey e Stern nel loro libro sul nome dei mesi presso alcuni antichi popoli240, che «le forme dei nomi cappadoci non collimano esattamente con quelle di alcuno dei dialetti persiani da noi conosciuti; ma sono derivati da un dialetto che ora si accosta più allo zendo, ora al pehlvi, ora a quella forma di zendo che si deve ritenere come più antica; quest’ultima, stando all’esperienza che dà la storia delle lingue, potrebbe essersi conservata fin tardi nel grande impero persiano, quand’anche meno avanzata nella sua evoluzione».


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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