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      Si deduce da questo che Ipparco non fece osservazioni precise in Nicea. Altrimenti non avrebbe commesso l’errore di metterla sotto il parallelo 43°. Se ha osservato in Bitinia, le sue furono probabilmente osservazioni meteorologiche o ispezioni del cielo senza strumenti. Pare assolutamente che la sua specola fosse a Rodi; forse è stato qualche tempo ad Alessandria, ma a Nicea non ebbe a far lavori rigorosi.
      Ammettendo quanto si è detto, il rapporto 120:414/5 assegnato da Strabone per il gnomone a Bisanzio nel solstizio estivo dobbiamo supporre che sia quello osservato a Marsiglia da Pitea, e appropriato a Bisanzio da Strabone dietro l’ipotesi ammessa da Ipparco che la latitudine di Marsiglia e di Bisanzio sia la medesima (Strab. II, p. 134, ed. Casaub.).
      La parola ??????? (trovò) usata da Strabone (p. 71 ed. cit.) quando dice che Ipparco si convinse della ugual latitudine di Marsiglia e di Bisanzio, può adattarsi al risultato di un calcolo tanto bene quanto al risultato di una osservazione. Riteniamo dunque che Ipparco calcolò la latitudine di Bisanzio da quella d’Alexandria Troadis, trasportando questa coll’aiuto dei 1500 stadi di distanza nel senso del meridiano, e la trovò poco diversa da quella di Marsiglia; che Strabone quindi, appoggiandosi su tale asserzione, attribuì a Bisanzio il rapporto del gnomone alla sua ombra osservato a Marsiglia da Pitea.
      Ciò è confermato dal seguente calcolo. La latitudine di Alexandria Troadis dedotta dal massimo giorno di 15 ore è 40°55’ (Berger, p. 55). Ora 1500 stadi in ragion di 700 stadi per grado danno 2°1/7= 2°8’,6; secondo il calcolo d’Ipparco la latitudine di Bisanzio è dunque 43°3’,6. Ma la latitudine di Marsiglia, secondo l’osservazione di Pitea e il rapporto 120:414/5, è 43°3’,3. L’identità è quasi completa, e ben poteva esser proclamata come tale da Ipparco.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo III
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 336

   





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