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      Con essa tutto doventa sorgente di piacere; senza di essa invece noi non sapremmo gustare un bene esterno di qual si sia natura; pur anche gli altri beni soggettivi, come le qualità dell’intelligenza, del cuore, del carattere, sono diminuite e guastate dallo stato di malattia. Così non è senza ragione che noi prendiamo notizia scambievolmente sullo stato della nostra salute e che ci desideriamo reciprocamente di star bene, perchè proprio in ciò v’ha quanto è più essenzialmente importante per là felicità umana. Ne segue adunque che è insigne pazzia sacrificare la propria salute a checchessia, ricchezza, carriera, studii, gloria e sopra tutto alla voluttà, ed ai piaceri fuggittivi. Al contrario tutto deve cedere il passo alla salute.
      Per quanto grande sia l’influenza della salute su questa gaiezza così essenziale alla nostra felicità, non di meno questa non dipende unicamente dalla prima, perchè con una salute perfetta si può avere un temperamento melanconico ed una disposizione predominante alla tristezza. Ne risiede certamente la causa nella costituzione originaria, quindi immutabile, dell’organismo e più specialmente nel rapporto più o meno normale della sensibilità con l’irritabilità e con la riproduttività. Una preponderanza anormale della sensibilità produrrà l’ineguaglianza d’umore, una gaiezza periodicamente esagerata ed un predominio della melanconia. Siccome il genio è determinato da un eccesso della forza nervosa, vale a dire della sensibilità, Aristotele ha osservato con ragione che tutti gli uomini illustri ed eminenti sono melanconici: Tutti gli uomini che sono nati o alla filosofia, o alla politica, o alla poesia o alle arti si mostrano melanconici (Prob.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





Aristotele Prob