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      Tale dottrina aristotelica di far consistere la felicità dell’uomo nel libero esercizio delle sue facoltà saglienti è riprodotta egualmente da Stobeo nell’Esposizione della morale peripatetica (Eclogœ ethicœ, II, c. 7); eccone un passo: La felicità consiste nell’esercitare le proprie facoltà (areten) in lavori capaci di risultato; egli spiega pure che arete indica ogni facoltà non comune. Ora la destinazione primitiva delle forze di cui la natura ha dotato l’uomo, è la lotta contro la necessità che l’opprime da per tutto. Quando la lotta lascia un momento di tregua, le forze senza impiego divengono un peso per lui; ei deve allora giuocare con esse, cioè impiegarle senza uno scopo, altrimenti si espone all’altra sorgente dell’umana infelicità, alla noia. Sicchè è la noia che tortura i grandi ed i ricchi più che gli altri, e Lucrezio ha fatto della loro miseria un quadro, di cui si ha ogni giorno nelle grandi città l’occasione di riconoscere la meravigliosa verità: Questi sorte spesso dal ricco palazzo, ove si annoia, ma vi fa ritorno un momento dopo non trovandosi più felice altrove; un altro corre a briglia sciolta in villa, quasicchè dovesse portare aiuto a spegnerne l’incendio; appena toccata la soglia è colpito dalla noia, e si abbandona gravemente al sonno e cerca di dimenticar sè stesso, oppure d’improvviso desidera di nuovo la città e vi ritorna (L. III, v. 1073 e seg.).
      Presso questi signori, finchè sono giovani, devono far le spese le forze muscolari e genitali. Ma più tardi non restano più che le forze intellettuali; in loro mancanza, od in difetto di sviluppo o di materiali per servire alla loro attività, la miseria è grande.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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