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      Ed inoltre, siccome una tale azione comprende una frode ed un volgare mancamento di parola, la donna adultera perde non solo l’onore sessuale, ma anche l’onore borghese. Per ciò si può dire, come per scusarla: «una ragazza è caduta»; non si dirà mai: «una donna è caduta»; il seduttore può rendere l’onore alla prima col matrimonio, ma giammai l’adultero alla sua complice, in seguito a divorzio. Dopo una esposizione così chiara si riconoscerà che la base del principio dell’onor femminile è uno spirito di corpo salutare, necessario anzi, ma tuttavia calcolato giustamente e fondato sull’interesse; si potrà bene attribuirgli la più alta importanza nella vita della donna, si potrà accordargli un grande valore relativo, ma non mai un valore assoluto che oltrepassi quello della vita colle sue sorti; nè si ammetterà in alcun caso che questo valore arrivi al punto d’esser pagato a prezzo dell’esistenza stessa. Non si potrà dunque approvare Lucrezia, nè Virginio nel loro esaltamento degenerante in una buffonata tragica. La peripezia nel dramma Emilia Galotti (di W. Lessing), per la stessa ragione ha qualche cosa talmente ributtante, che si sorte dallo spettacolo affatto mal disposti. In cambio ed a dispetto dell’onor sessuale non si può astenersi dal simpatizzare colla Clärchen dell’Egmont. Tale maniera di spingere agli estremi il principio dell’onore femminile appartiene, come tante altre, all’oblio del fine per i mezzi; si attribuisce, con tali esagerazioni, all’onore sessuale un valore assoluto, quando, non altrimenti d’ogni altro onore, non ha che un valore relativo; fors’anche si potrebbe esser condotti a dire che questo valore è puramente convenzionale, quando si legga «Thomasius, De concubinato»; si scorge in quest’opera che, fino alla riforma di Lutero, in quasi tutti i paesi e in ogni tempo, il concubinato fu uno stato di cose permesso e riconosciuto dalla legge e che la concubina non cessava d’esser onorevole: senza parlare di Militta Babilonese (vedi Erodoto, I, 199), ecc.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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