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      Se un dì fosse dato uno schiaffo nell’Assemblea nazionale a Parigi, l’Europa intera ne rimbomberebbe. Le reminiscenze classiche, e gli esempi dell’antichità or ora ricordati devono aver mal disposto gli «uomini d’onore»; noi raccomandiamo loro come antidoto di leggere in Jacques le fataliste, capolavoro di Diderot, la storia di Monsieur Desglands(18); vi troveranno un tipo nobilmente straordinario dell’onore cavalleresco moderno che potrà dilettarli e nel tempo stesso edificarli a maraviglia.
      Da quanto precede resta provato abbastanza che il principio dell’onore cavalleresco non è un principio primitivo, basato sulla natura stessa dell’uomo; invece esso è artificiale, e la sua origine è facile a scoprire. L’onore cavalleresco è il figlio di quei secoli in cui i pugni erano esercitati più che le teste, ed in cui i preti tenevano incatenata la ragione, del medio evo insomma, del medio evo tanto vantato, e della sua cavalleria. Allora infatti il buon Dio non aveva la sola missione di vegliare su noi, ei doveva anche giudicare per noi. Perciò le cause giudiziarie d’indole delicata si decidevano per mezzo delle Ordalie o giudizi di Dio, che consistevano, meno qualche piccola eccezione, in combattimenti singolari, non solamente tra cavalieri, ma anche tra borghesi come viene provato da un bel passo dell’Enrico VI di Shakespeare (2a parte, atto 2°, scena 3a). Il combattimento singolare o giudizio di Dio era un’istanza suprema a cui si poteva appellarsi contro ogni sentenza giudiziaria.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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