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      Un mutamento tanto radicale farebbe nascere il vero bon ton e fonderebbe la vera buona società nella forma in cui, senza dubbio, ha esistito a Roma, a Corinto ed in Atene. A chi volesse averne saggio raccomando di leggere il Banchetto di Senofonte.
      L’ultimo argomento in difesa del codice cavalleresco sarà senza dubbio concepito così: «Andiamo dunque! ma allora un uomo potrebbe, Dio ce ne guardi, percuotere un altro!» A ciò potrei rispondere, senza frasi reboanti, che il caso si è presentato ben di frequente in quei 999/1000 della società presso i quali tale codice non è ammesso, senza che un solo individuo ne sia morto, mentre che presso coloro che ne seguono i precetti, ogni percossa, per regola, diventa una faccenda mortale.
      Ma voglio esaminare la questione più in dettaglio. Io mi sono molto di sovente affaticato la mente per trovare nella natura animale od intellettuale dell’uomo una qualche ragione valida od anche solamente plausibile, fondata non su semplici modi di dire, ma su nozioni distinte, una qualche ragione, ripeto, che possa giustificare la convinzione, profondamente radicata in una parte della specie umana, che una percossa è una orribile cosa: tutte le mie ricerche riescirono vane. Una percossa non è e non sarà mai che un piccolo male fisico che ogni uomo può cagionare ad un altro, senza provare con ciò altra cosa se non che egli è più forte o più destro, oppure che l’altro non stava in guardia. Dall’analisi di più non abbiamo. Inoltre io vedo questo stesso cavaliere per il quale, una percossa ricevuta dalla mano di un uomo sembra il più grande di tutti i mali, ricevere un colpo dieci volte più forte dal suo cavallo ed assicurare, trascinando la gamba e dissimulando il dolore, che non è niente.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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