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      È evidente che il pregiudizio che autorizza ad uccidere l’offensore a condizione che il combattimento succeda di pieno giorno e ad armi eguali, considera il diritto della forza come se fosse realmente un diritto, e il duello come un giudizio di Dio. Almeno l’italiano che bollente di collera assalta senza complimenti, a colpi di coltello, l’uomo che lo ha offeso, agisce in modo logico e naturale: egli è più scaltro, ma non più cattivo del duellista. Se si volesse oppormi che ciò che mi giustifica dell’uccisione del mio avversano in duello si è che da parte sua egli cerca di fare altrettanto, risponderei che provocandolo l’ho messo nel caso di legittima difesa. Mettersi così mutuamente e con intenzione nel caso di legittima difesa non significa altro, in conclusione, se non cercare un pretesto plausibile per l’omicidio. Si potrebbe meglio trovare una giustificazione nella massima: «Volenti non fit injuria» (Non si fa torto a chi v’acconsente), poichè si è di comune accordo che si rischia la vita; ma a ciò si potrebbe replicare che volens non è parola esatta, perocchè la tirannia del principio dell’onore cavalleresco e del suo codice assurdo è l’alguazilo che ha trascinato i due campioni, o per lo meno uno di essi, davanti questo tribunale sanguinario della Santa-Vehme.
      Mi sono fermato a lungo sull’onore cavalleresco, ma lo feci con una buona intenzione e perchè la filosofia è l’Ercole che solo può combattere sulla terra le mostruosità morali ed intellettuali. Due cose principalmente distinguono lo stato della società moderna da quello della società antica, e ciò a detrimento della prima a cui danno una tinta seria, tetra, sinistra da cui non era velata l’antichità, ciò che la fa apparir candida e serena come il mattino della vita.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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