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      Ma d’ordinario si fa come il cane che abbaja contro lo specchio perchè non sa esser sè stesso ch’ei vede e s’immagina invece d’aver davanti un altro cane. Chi critica gli altri lavora alla correzione di sè medesimo. Coloro dunque che hanno una tendenza abituale a sottoporre tacitamente nel loro fòro interno ad una critica attenta e severa le maniere degli uomini, ed in generale tutto ciò che questi fanno o non fanno, costoro intendono a correggere ed a perfezionare sè stessi: perocchè avranno abbastanza equità od almeno abbastanza orgoglio e vanità per evitare ciò che hanno tante volte e così rigorosamente biasimato in altrui. L’opposto succede per i tolleranti, cioè: «Hanc veniam damus petimusque vicissim.» (Concediamo il perdono e lo chiediamo a nostra volta). Il vangelo moralizza mirabilmente bene su coloro che scorgono la pagliuzza nell’occhio del vicino, e che non vedono la trave nel proprio; ma la natura dell’occhio non gli permette di guardare che al di fuori ed esso non può quindi veder sè medesimo; per questo, notare e biasimare i difetti degli altri è un mezzo opportunissimo per farci sentire i nostri. Ci occorre uno specchio per correggerci. Questa regola è buona ugualmente quando si tratta dello stile e del modo di scrivere; chi in tali materie ammira qualunque nuova pazzia, anzichè biasimarla, finirà col farsene imitatore. Perciò in Germania siffatto genere di follia si diffonde tanto presto. I Tedeschi sono tolleranti: lo si scorge benissimo. Hanc veniam damus petimusque vicissim, ecco la loro impresa.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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