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      Lo stesso avviene, ma con maggior energia, per il giovane. Il mondo dai colori smaglianti, e dalle figure moltiformi lo eccita del pari, ed anzi egli ben presto nella sua immaginazione vi annette più valore che esso non abbia. Per questo la gioventù è piena di esigenze e di aspirazioni a cose vaghe, ciocchè le toglie quel riposo senza di cui non v’ha felicità. Coll’età tutto si calma, sia perchè il sangue si è raffreddato e perchè l’eccitabilità del sensorio è diminuita, sia perchè l’esperienza, illuminandoci sul valore delle cose e sull’essenza dei piaceri, ci ha francati a poco a poco dalle illusioni, dalle chimere e dai pregiudizi che velavano o deformavano fino allora l’aspetto libero e netto delle cose, che ormai sono conosciute tutte più giustamente e più chiaramente; a quell’ora noi le prendiamo per quello che sono, ed acquistiamo in maggior o minor grado, la convinzione della nullità d’ogni cosa sulla terra. Da ciò quasi tutti i vecchi, anche coloro d’un’intelligenza assai volgare, ricevono una certa tinta di saggezza che li distingue dalle persone più giovani. Ma tutto questo produce principalmente la calma intellettuale che è l’elemento importante, direi anzi la condizione e l’essenza della felicità. Mentre l’uomo giovane crede di poter conquistare in questo mondo immense meraviglie se solamente sapesse ove trovarle, il vecchio è penetrato dalla massima dell’Ecclesiaste:«Tutto e vanità», e sa bene che le noci sono vuote quantunque dorate.
      Solo in un’età avanzata l’uomo arriva interamente al nil admirari di Orazio, vale a dire alla convinzione diretta, sincera e ferma della vanità d’ogni cosa quaggiù, e della inanità di qualunque pompa: le chimere sono svanite.


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Aforismi sulla saggezza nella vita
di Arthur Shopenhauer
Editore Dumolard Milano
1885 pagine 282

   





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