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      L'azione, che essi esercitano sullo spirito al quale effettivamente parlino, io la trovo invero paragonabile, come forse è già stato detto, all'operazione della cateratta sui ciechi: e se vogliamo continuare il paragone, il mio intento si può designare dicendo, che a coloro ai quali quell'operazione è riuscita ho voluto porre in mano gli occhiali che adoprano gli operati di cateratta, per l'uso dei quali è adunque prima condizione quell'atto operativo. Ma per quanto io prenda le mosse da ciò che il gran Kant ha fatto, tuttavia appunto lo studio serio delle sue opere mi ha fatto scoprire in quelle notevoli errori, ch'io dovevo staccare dal resto e mostrare come condannabili, per poter presupporre e adoprare puro e purgato da essi quanto nella dottrina kantiana è di véro e di eccellente. Tuttavia, per non interrompere e confondere la mia propria esposizione con la frequente polemica contro Kant, ho concentrato questa in una speciale appendice. Ora, secondo ho detto, come la mia opera presuppone la conoscenza della filosofia kantiana, così presuppone dunque pur la conoscenza di quella appendice: perciò sotto questo riguardo sarebbe consigliabile di leggere prima l'appendice, tanto più che il suo contenuto ha precisi rapporti proprio col primo libro dell'opera presente. D'altra parte non si potè evitare, per la natura della cosa, che anche l'appendice qua e là si riferisse all'opera stessa: da ciò nient'altro consegue se non che anch'essa, come il corpo dell'opera, deve esser letta due volte.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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