Pagina (42/254)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Uno sciocco non vede il nesso dei fenomeni naturali, né dove si presentano abbandonati a se stessi, né dove sono diretti intenzionalmente, ossia utilizzati nelle macchine: perciò crede volentieri ad arte magica ed a miracoli. Uno sciocco non osserva che diverse persone, in apparenza indipendenti le une dalle altre, in realtà agiscono secondo un accordo prestabilito, e perciò si lascia facilmente mistificare e raggirare; non osserva i celati motivi di consigli dati, di giudizi espressi, e così via. Questo solo gli manca costantemente: acume, sveltezza, facilità nell'applicare la legge di causalità, ossia gli manca la forza dell'intelletto. Il maggiore, e per l'argomento che ci occupa più istruttivo esempio di stupidità, che mi sia mai capitato, era un ragazzo di circa undici anni, del tutto idiota, al manicomio: il quale aveva sì l'uso di ragione, perché parlava ed ascoltava, ma per intelletto stava al di sotto di più di un animale. Imperocché ogni volta ch'io venivo, osservava un paio d'occhiali che portavo al collo e in cui si riflettevano le finestre della stanza con le cime degli alberi prospicienti: di ciò aveva ogni volta maraviglia e gioia grande, né si stancava di contemplare con stupore; perché non comprendeva questa causalità affatto immediata del riflesso.
      Come negli uomini sono assai differenti i gradi dell'acume intellettuale, così fors'anche più differenti sono fra le varie specie animali. Ma in tutte, e perfino in quelle che stanno più vicine alla pianta, è tuttavia tanto intelletto quanto basta per il passaggio dell'azione sull'oggetto immediato all'oggetto mediato come causa: quanto basta dunque per l'intuizione, per l'apprendimento di un oggetto; perché l'intuizione appunto fa che siano animali, porgendo loro la possibilità di muoversi secondo dati motivi e quindi di cercare o almeno di ghermire il nutrimento.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254