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      Per esempio, l'apparente moto dei pianeti è conosciuto empiricamente: dopo molte false ipotesi sulla connessione spaziale di questo moto (orbita dei pianeti) fu trovata infine la giusta; poi, subito, le loro leggi (leggi di Keplero); e finalmente anche la loro causa (gravitazione universale). Ed a tutte le ipotesi diede piena certezza l'accordo, empiricamente conosciuto, di tutti i casi avveratisi con le ipotesi stesse e con le loro conseguenze – ossia l'induzione. La scoperta delle ipotesi era compito del giudizio, che afferrò esattamente, e convenientemente espresse, i dati di fatto; ma l'induzione, ossia intuizione molteplice, ne confermò la verità. Questa poteva tuttavia poggiare anche direttamente sopra un'unica intuizione empirica, se noi fossimo stati in grado di trasvolar liberamente per gli spazi, avendo occhi telescopici. Per conseguenza anche qui le deduzioni non sono l'essenziale ed unica sorgente della conoscenza, ma sempre un semplice espediente.
      Finalmente, per citare un terzo esempio d'altra natura, vogliamo ancora osservare, che neppur le cosiddette verità metafisiche – ossia quelle che Kant enumera nei Principi metafisici della scienza detta natura – devono alle dimostrazioni la loro evidenza. Ciò che è certo a priori, lo conosciamo direttamente: come forma di ogni conoscenza, ha per noi il carattere della massima necessità. Per esempio, che la materia persista, cioè non abbia principio né fine, ci è noto direttamente come verità negativa: perché la nostra intuizione pura dello spazio e del tempo dà la possibilità del moto, e l'intelletto dà, nella legge di causalità, la possibilità del cambiamento di forma e qualità; ma le forme dell'intuizione possibile ci mancano per un nascere o svanire della materia.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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