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      Da ciò, invece d'una conoscenza a fondo di codeste relazioni spaziali, si vengono ad avere solo alcune risultanze di quelle, comunicate ad arbitrio; e ci si trova nelle condizioni di colui al quale si mostrino le differenti operazioni d'una macchina, ma tacendone la costituzione interna ed il funzionamento. Che tutto sia come Euclide dimostra, bisogna concedere, costretti dal principio di contraddizione: ma perché sia così, non si apprende. Si ha quindi press'a poco la stessa impressione spiacevole che ci lascia un giuoco di destrezza; e in verità a questi somigliano in massima parte le dimostrazioni euclidee. Quasi sempre la verità irrompe da una porticina secondaria, risultando per accidens da qualche circostanza accessoria. Sovente una dimostrazione apagogica chiude tutte le porte, l'una dopo l'altra, e ne lascia aperta una sola, nella quale s'ha quindi da entrare per forza. Spesso, come accade nel teorema di Pitagora, vengono tirate certe linee senza che si sappia perché: dipoi si apprende che erano lacciuoli destinati a stringersi all'improvviso, per imprigionar l'assenso del discepolo: il quale ora, stupito, deve accettare un fatto che gli rimane ancora del tutto incomprensibile nel suo intimo nesso. Tanto incomprensibile, ch'egli deve studiare Euclide da capo a fondo senza potersi render davvero conto delle leggi delle relazioni spaziali, e imparandone invece a memoria appena pochi risultati. Questa conoscenza, empirica e non scientifica, somiglia a quella del medico, il quale conosce bensì malattia e rimedio, ma non la connessione d'entrambi.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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