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      Con la stessa certezza con cui dal principio di conoscenza, dato nelle premesse, deriva la conseguenza espressa nella proposizione finale, determina il principio d'essere nello spazio la sua conseguenza nello spazio: e quando ho conosciuto intuitivamente quest'ultima relazione, ho una certezza altrettanto grande quanto una certezza logica. Ma qualsiasi teorema geometrico esprime una tal relazione egualmente bene, come un de' dodici assiomi: perché è una verità metafisica, e come tale immediatamente certo, al modo stesso del principio di contraddizione, il quale è una verità metalogica e serve di base universale a tutte le dimostrazioni logiche. Chi nega la necessità intuitivamente manifestata delle relazioni spaziali espresse in un qualsiasi teorema, può con lo stesso diritto negare gli assiomi, e con lo stesso diritto la derivazione della conclusione dalle premesse, o addirittura il principio di contraddizione: perché in tutto ciò sono egualmente relazioni indimostrabili, d'immediata evidenza, e conoscibili a priori. Se quindi la necessità delle relazioni spaziali, conoscibile intuitivamente, si vuol derivare attraverso una dimostrazione logica dal principio di contraddizione, gli è come se al diretto signore d'una terra volesse un altro conceder la stessa terra in feudo. E proprio questo ha fatto Euclide. Soltanto i suoi assiomi egli fa per forza poggiare sull'immediata evidenza: tutte le verità geometriche, che ne derivano, vengono dimostrate logicamente, ossia con la premessa di quegli assiomi, mediante l'accordo con le ipotesi fatte nel teorema, o con un teorema precedente; o anche mediante la contraddizione dell'opposto del teorema con le ipotesi, gli assiomi, i teoremi precedenti, o addirittura con se stesso.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





Euclide