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      Non s'era finora conosciuta come identica con la volontà l'essenza di tutte le forze agitantisi e operanti nella natura; e si consideravan quindi come eterogenei gli svariati fenomeni, che sono invece specie differenti d'un medesimo genere. Perciò non poteva aversi alcuna parola, che indicasse il concetto di codesto genere. Io quindi indico il genere col nome della più nobile specie; la cui immediata conoscenza, la più facile per noi, ci è guida alla conoscenza mediata delle altre specie.
      Si troverebbe quindi impigliato in un perenne equivoco chi non fosse capace di applicar la richiesta estensione del concetto, e con la parola volontà seguitasse ancora ad intendere soltanto la specie con essa comunemente indicata, ossia la volontà diretta dalla conoscenza e manifestantesi esclusivamente in seguito a motivi, anzi a soli motivi astratti, e quindi sotto la guida della ragione – volontà speciale, che, come s'è detto, non è se non il più evidente fenomeno della volontà intesa nel senso più vasto. Ma è appunto l'intima essenza di codesto fenomeno, che noi dobbiamo isolare col pensiero, e trasportarla poi in tutti i più deboli, meno chiari fenomeni dell'essenza medesima, venendo così a compiere la desiderata estensione del concetto di volontà. Cadrebbe nell'equivoco opposto, chi pensasse che sia alla fin fine indifferente chiamar quell'essenza in sé di tutti i fenomeni col nome di volontà, o con un altro nome qualsiasi. Sarebbe questo il caso, se quella cosa in sé fosse il semplice frutto d'una deduzione, e quindi conosciuta solo mediatamente, in abstracto.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254