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      E questo si potrebbe veramente fare, qualora un altro motivo qualsiasi determinasse con tanta forza la volontà, da vincere l'imperiosobisogno dell'aria. Secondo alcuni, avrebbe Diogene effettivamente posto in tal guisa termine alla propria vita (Diog. Laert., vi, 76). Anche taluni negri pare l'abbiano fatto (F. B. Osiander, Sul suicidio [1813], pp. 170-80). Avremmo in ciò un forte esempio dell'influsso di motivi astratti, ossia della prevalenza del volere propriamente razionale, sul semplice volere animale. In favore della dipendenza, almeno in parte, della respirazione dall'attività cerebrale sta il fatto, che l'acido prussico uccide paralizzando il cervello, e così fermando indirettamente la respirazione; ma se questa vien prolungata artificialmente, finché sia passato quello stordimento del cervello, la morte viene evitata. In pari tempo la respirazione ci fornisce qui incidentalmente il più bell'esempio del fatto che i motivi agiscono con altrettanto grande necessità, quanto gli stimoli e le semplici cause in senso ristretto; e appunto sol da opposti motivi – come pressione da contropressione – possono esser privati della loro forza. Imperocché nella respirazione, la possibilità apparente di poterla interrompere è senza confronto minore che in altri movimenti prodotti da motivi; essendo il motivo di quella imperioso, presente, di facilissima soddisfazione, a causa dell'infaticabilità dei muscoli respiratorii; nulla in generale opponendovisi, ed essendo il tutto favorito dalla inveterata abitudine dell'individuo.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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