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      Vi accenno qui di sfuggita, per poter usare d'ora innanzi la parola idea in questo senso, la quale dunque, usata da me, è sempre da comprendere nel suo vero e originario significato, attribuitole da Platone, né va punto confusa con quegli astratti prodotti della ragione scolasticamente dogmatizzante, riferendosi ai quali Kant abusò in modo sì inopportuno come inesatto d'una parola, che Platone aveva fatta propria ed usata ottimamente a proposito. Per idea intendo adunque ogni determinato ed immobile grado di obiettivazione della volontà, in quanto esso è cosa in sé, e sta quindi fuor della pluralità. Codesti gradi stanno ai singoli oggetti, come le loro forme eterne, o i loro modelli. La più breve e precisa espressione di quel celebre dogma platonico ci è data da Diogene Laerzio (in, 12): ? ?????? ????, ?? ?? ????? ??? ????? ???????, ??????? ???????????? ?? ?'???? ??????? ????????, ?????? ? ???????? ?????????. (Plato ideas in natura velut exemplaria dixit subsistere; cetera his esse similia, ad istarum similitudinem consistentia.) Sull'abuso kantiano non mi diffondo: il necessario in proposito è detto nell'Appendice.
      § 26.
      Come infimo grado dell'obiettivazione della volontà, si presentano le forze più generali della natura; le quali per una parte appariscono in ogni materia senza eccezione (come peso, impenetrabilità), e per l'altra si sono ripartite alla rinfusa in tutta la materia esistente, sì che alcune dominano su questa, altre su quella materia, la quale appunto da ciò viene ad essere specificata.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254

   





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