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      Così vediamo dunque qui, nell'infimo grado, la volontà presentarsi come un cieco impulso, un'oscura, sorda agitazione, lungi da ogni immediata percettibilità. È il più semplice e più debole modo della sua obiettivazione. Ed ancor come cieco impulso ed inconscia aspirazione appare in tutta la natura inorganica, in tutte le forze elementari, che fisica e chimica s'occupano a conoscere, fissandone le regole, e ciascuna delle quali si presenta in milioni di fenomeni affatto simili e regolari, che non rivelano alcuna traccia di carattere individuale, ma sono semplicemente moltiplicati per mezzo del tempo e dello spazio, ossia del principium individuationis, come un'immagine viene moltiplicata dalle faccette d'un cristallo.
      Sempre più chiaramente obiettivandosi di grado in grado, la volontà agisce tuttavia ancor del tutto incosciente, come oscura forza impulsiva, nel regno vegetale, dove non più vere e proprie cause, ma stimoli sono il legame dei suoi fenomeni, e così anche, finalmente, nella parte vegetativa del fenomeno animale, nella produzione e nello sviluppo d'ogni animale e nella conservazione della sua interna economia, dove il fenomeno di esso viene necessariamente determinato da semplici eccitazioni. I gradi di mano in mano più alti dell'obiettità della volontà conducono da ultimo al punto, in cui l'individuo che rappresenta l'idea non può più ricevere in seguito a semplici movimenti provocati da stimoli il nutrimento che deve assimilarsi: perché lo stimolo bisogna attenderlo, mentre qui il nutrimento è determinato in modo speciale, e nella varietà sempre crescente dei fenomeni si è fatta così grande la ressa e la confusione, che quelli s'intralciano a vicenda; ed il caso, da cui deve attendersi il proprio nutrimento l'individuo mosso da semplici stimoli, sarebbe troppo sfavorevole.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo I
di Arthur Schopenhauer
pagine 254