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      Per negare codeste forme, Kant le ha direttamente assunte in espressioni astratte: e, senz'altro, tempo spazio e causalità ha riconosciuto non appartenenti alla cosa in sé, quali semplici forme dei fenomeni: Platone invece non è pervenuto fino all'ultima espressione, e le sue idee ha solo in modo indiretto mostrate prive di quelle forme, negando loro ciò che unicamente per mezzo delle forme stesse diventa possibile, ossia pluralità dell'identico, nascita e morte. Ma per abbondare voglio ancora rendere evidente con un esempio quella singolare e importante concordanza. Stia davanti a noi un animale, in piena attività di vita. Platone dirà: «Questo animale non ha alcuna esistenza effettiva, bensì solo apparente: un perpetuo divenire, una esistenza relativa, la quale può esser chiamata tanto un non-essere, quanto un essere. Effettiva esistenza ha soltanto l'idea, che in quell'animale si riproduce, ossia l'animale in se stesso (???? ?? ??????), il quale da nulla dipendente esiste solo in sé e per sé (???' ?????, ??? ?? ?????), non è nato, non morirà, sempre ad un modo sarà (??? ??, ???? ???????? ???? ???????????). Fin quando adunque riconosciamo in questo animale la sua idea, è affatto indifferente e senza importanza, se noi abbiamo davanti questo animale d'adesso o un suo progenitore vissuto or sono mille anni; e così se esso sia qui o in una terra lontana; e se si mostri in questa o quella maniera, posizione o azione; e se infine sia esso o qualunque altro individuo della sua specie: tutto ciò non ha peso, e riguarda il solo fenomeno, mentre l'idea dell'animale unicamente ha effettiva esistenza ed è oggetto di verace conoscimento». Così Platone.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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