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      Per chi ha ben compreso questo, e la volontà sa distinguere dall'idea, e questa dal suo fenomeno, gli eventi del mondo hanno significato non già in sé e per sé, ma solo in quanto essi sono i segni dell'alfabeto, mediante i quali si può leggere l'idea dell'uomo. Quegli non crederà col volgo, che il tempo generi alcunché di veramente nuovo e significante; che per esso o in esso qualcosa di effettivamente reale pervenga ad esistere; o che il tempo medesimo abbia, come un tutto, principio e fine, norma e sviluppo, e per avventura tenda, quasi ad estremo termine, al massimo perfezionamento (come il volgo pensa) del genere ultimo venuto e vivente trent'anni. Perciò tanto sarà lontano dall'istituire con Omero tutto un Olimpo pieno di Dèi a guida di quegli eventi temporali, quanto dal tener con Ossian le forme delle nubi per esseri individuali; poiché, come s'è detto, l'una e l'altra cosa ha l'identica significazione, in rapporto all'idea che vi si manifesta. Negli svariati aspetti della vita umana e nella perenne vicenda degli eventi, egli terrà come immutabile ed essenziale soltanto l'idea; nella quale la volontà di vivere trova la sua più compiuta oggettità, e tutti i suoi vari aspetti mostra nelle qualità, nelle passioni, negli errori e nei meriti dell'uman genere – egoismo, odio, amore, paura, audacia, leggerezza, ottusità, astuzia, spirito, genio, etc. – che concorrendo ad incorporarsi in forme (individui) svariatissime, perennemente fanno agire la grande e la piccola storia del mondo.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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