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      Per conseguenza l'«espressione geniale di una testa consiste nel palesarvisi un risoluto prevaler del conoscere sul volere, e quindi anche nell'esprimervisi un conoscere senz'alcuna relazione con un volere, ossia un puro conoscere». Viceversa, in teste quali sono di regola, predomina l'espressione del volere, e si vede che il conoscere entra sempre in azione solo in seguito a spinta del volere, e perciò è sempre indirizzato secondo motivi.
      Poi che la conoscenza geniale, ossia conoscenza dell'idea, è quella che non segue il principio di ragione, l'altra invece che lo segue dà nella vita saggezza e raziocinio, e produce le scienze; perciò individui geniali avranno quelle manchevolezze che trae con sé la trascuranza dell'altro modo di conoscere. Tuttavia va qui notata la restrizione, che ciò ch'io verrò dicendo sotto tale riguardo, li tocca solo in quanto e mentre essi sono veramente in atto di aver la conoscenza geniale, e questo non è punto il caso in ogni momento di lor vita; imperocché la grande – sebbene spontanea – tensione, che si richiede per vedere le idee fuori della volontà, necessariamente si rilascia ed ha grandi pause; in cui gli uomini geniali vengono, sia riguardo ai pregi che ai difetti, su per giù a somigliare agli uomini comuni. Perciò s'è dai tempi più remoti indicata l'attività del genio come un'ispirazione; anzi, secondo esprime la parola stessa, come l'attività di un essere sovrumano distinto dall'individuo medesimo, che sol periodicamente s'impadronisce di questo.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368