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      La ripugnanza degli individui geniali a diriger l'attenzione sul contenuto di principio di ragione, si rivelerà dapprima rispetto al principio d'esistenza, come ripugnanza per la matematica, la cui cognizione va alle forme più universali del fenomeno, tempo e spazio, che per l'appunto non sono se non forme del principio di ragione; ed è quindi proprio l'opposto di quella cognizione, che cerca viceversa il contenuto del fenomeno, l'idea esprimentevisi dentro, prescindendo da ogni relazione. Inoltre anche la trattazione logica della matematica ripugnerà al genio, perché questa, sbarrando la via alla vera e propria penetrazione, non appaga; bensì, presentando semplicemente una catena di sillogismi, secondo il principio della ragione di conoscenza, tra tutte le forze dello spirito occupa prevalentemente la memoria, per tenere ognora presenti le proposizioni anteriori, a cui ci si riferisce. Anche l'esperienza ha confermato, che grandi genii dell'arte non hanno alcuna attitudine per la matematica: mai è esistito un uomo eccellente in pari tempo nell'una e nell'altra. Alfieri narra di non aver mai potuto capire neppur il quarto teorema di Euclide. A Goethe la mancanza di cognizioni matematiche fu a sazietà rimproverata dagli stolti avversari della sua teoria dei colori: e invero quivi, dove non si trattava di calcolare e misurare su dati ipotetici, bensì d'immediata conoscenza intuitiva della causa e dell'effetto, era quel rimprovero così storto e fuori posto, che coloro hanno appunto tanto con esso mostrato alla luce del giorno la lor completa assenza di ragione, quanto con le altre lor sentenze degne del re Mida.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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