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      Il tatto essendo tutt'uno col sentimento del corpo intero, è ancor più vincolato a questo diretto influsso sulla volontà: tuttavia può aversi una sensazione tattile che non dia dolore o piacere. Ma gli odori sono sempre piacevoli o spiacevoli; i gusti ancor più. Questi due ultimi sensi adunque sono i più inquinati dalla volontà: sono perciò sempre i meno nobili, e Kant li chiamò sensi soggettivi. La gioia che dà la luce è quindi in realtà nient'altro che la gioia per l'oggettiva possibilità della più pura e più compiuta conoscenza intuitiva; e come tale va derivata dal fatto che il puro conoscere, libero e disciolto da ogni volere, è in sommo grado rallegrante, e già di per sé ha una gran parte nel godimento estetico. Da questo aspetto della luce proviene alla sua volta la bellezza incredibilmente grande che noi troviamo nel riflesso degli oggetti nell'acqua. Quella lievissima, rapidissima, finissima maniera di reciproca influenza dei corpi; quella, a cui noi dobbiamo le nostre percezioni di gran lunga più perfette e più pure – l'influenza per mezzo di raggi riflessi – è qui del tutto chiara, e su vasta scala messa davanti ai nostri occhi: di là viene la gioia estetica che ne proviamo, la quale, in sostanza, ha tutte le sue radici nel principio soggettivo del piacere estetico, ed è gioia del puro conoscere e delle sue vie11.
      § 39.
      Ora, a tutte codeste considerazioni, le quali devono mettere in rilievo la parte soggettiva del piacere estetico, ossia il piacere stesso in quanto è gioia del puro, intuitivo conoscere come tale, in opposizione alla volontà – viene a collegarsi, essendovi direttamente connesso, lo studio di quella disposizione che s'è chiamata sentimento del sublime.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Kant