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      Già osservammo che il trasportarsi dello stato della pura intuizione più facilmente avviene, quando gli oggetti si fanno a questa incontro, ossia quando, per la lor varia e in pari tempo determinata e chiara forma, facilmente divengono i rappresentanti delle loro idee; nelle quali appunto la bellezza, in senso oggettivo, consiste. Più di tutto ha questo privilegio la bella natura, e strappa quindi anche all'uomo più insensibile almeno un fugace piacere estetico: anzi, è sorprendente come in particolar maniera il mondo vegetale inviti alla contemplazione estetica e quasi la imponga, sì che si potrebbe dire, questa facilità essere in relazione col fatto che gli esseri organici di quel mondo non sono essi medesimi, come i corpi animali, immediato oggetto della conoscenza, e abbisognano quindi d'un estraneo individuo intelligente, per entrare dal mondo del cieco volere in quello della rappresentazione; sì che quasi avevano la nostalgia d'entrarvi, per conseguire almeno indirettamente ciò che direttamente è loro negato. Io pongo del resto senz'altro in disparte questo pensiero audace e forse confinante con la fantasticheria, poi che solo una molto intima e amorosa contemplazione della natura può suscitarlo o giustificarlo12. Fin quando è codesto offrircisi della natura, con la significazione e l'evidenza delle sue forme (dalle quali facilmente parlano a noi le idee in noi individuate), che dalla conoscenza delle semplici relazioni asservite alla volontà ci trasporta nella contemplazione estetica, e con questa ci eleva a soggetti del conoscere, liberi da volontà; fino allora è solamente il bello, che agisce su noi, e quel che si sveglia è sentimento della bellezza.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368