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      Questa è la piena impressione del sublime. Qui la produce la vista d'una potenza, che minaccia all'individuo distruzione: potenza di lui, senza confronto, maggiore.
      In tutt'altro modo può sorgere quell'impressione dal rappresentarsi nella fantasia una semplice grandezza di spazio e di tempo, tanto smisurata da impicciolire l'individuo, nel confronto, fino al nulla. La prima specie possiamo chiamare sublime dinamico, la seconda sublime matematico, conservando le denominazioni e la giusta distinzione di Kant; sebbene ci discostiamo interamente da lui nello spiegar l'intima essenza di quell'impressione, non riconoscendovi alcuna parte dovuta a riflessioni morali o a ipostasi tratte dalla scolastica.
      Se ci veniamo a smarrire nel considerar l'infinita grandezza del mondo nello spazio e nel tempo, ripensando ai secoli passati ed ai futuri – o anche, se il cielo notturno veracemente pone davanti al nostro occhio innumerabili mondi –, vediamo noi stessi ridotti a un nulla, ci sentiamo, in quanto individui, in quanto corpi animati, in quanto effimere manifestazioni di volontà, come una goccia nell'oceano svanire, scioglierci nel nulla. Ma in pari tempo, contro codesto fantasma della nostra propria nullità, contro codesta menzognera impossibilità si leva l'immediata conscienza, che tutti quei mondi solamente nella nostra rappresentazione esistono, solamente quali modificazioni dell'eterno soggetto del puro conoscere – soggetto che riconosciamo in noi stessi non appena dimentichiamo l'individualità, e che è il necessario sostegno, la condizione di tutti i mondi e di tutti i tempi.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Kant