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      Ma per quanto prevalga qui il lato oggettivo del bello, rimane tuttavia suo perenne compagno il soggettivo. E appunto perché nessun oggetto ci rapisce così presto nell'intuizione puramente estetica, come fa il bellissimo aspetto e la forma dell'uomo, alla cui vista subitamente un piacere inesprimibile ci coglie, e sopra noi stessi e ogni nostro tormento ci eleva; appunto per questo ciò è possibile solo in quanto cotale evidentissima e purissima conoscibilità della volontà anche ci trasporti nel modo più lieve e rapido in quello stato del puro conoscere, in cui la nostra personalità, il nostro volere, con la sua assidua pena, svanisce, fin quando persiste la pura gioia estetica: perciò dice Goethe: «Chi scorge l'umana bellezza, niente di male può spirargli contro: egli si sente con se stesso e col mondo in accordo». Che alla natura possa riuscir una bella figura d'uomo, si spiega col fatto che la volontà, oggettivandosi a tale altissimo grado in un individuo, vince appieno sia per favorevoli circostanze sia per forza propria tutti gli ostacoli e la resistenza opposti a lei dalle manifestazioni della volontà nei gradi inferiori: di codesta sorte son le forze naturali, a cui ella deve ognora cominciar col conquistare e strappare la materia, a tutte comune. Inoltre il fenomeno della volontà nei gradi superiori ha sempre varietà di forma: già l'albero non è che un sistematico aggregato di germinanti fibre moltiplicate indefinitamente: questa complessità s'accresce man mano che si salga nei gradi, e il corpo umano è un complicatissimo sistema di parti affatto diverse, ciascuna delle quali, al complesso subordinata, ha tuttavia anche una vita propria.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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