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      Imperocché il genio viene bensì educato e formato dai predecessori e dalle opere loro; ma la vita e il mondo stesso, direttamente, lo fecondano con l'intuizione: perciò anche una ricchissima cultura non può recar danno alla sua originalità. Tutti gl'imitatori, tutti i manieristi percepiscono in forma di concetto l'essenza dei capolavori altrui; ma concetti non possono mai dar vita interna a un'opera. I contemporanei – ossia l'opaca folla d'ogni generazione – non conoscono anch'essi altro che concetti, e vi si attaccano, e accolgono quindi le opere manierate con rapido e alto plauso: ma le stesse opere sono dopo brevi anni già indigeste, perché lo spirito del tempo – vale a dire, i concetti dominanti – in cui quelle avevano la loro unica base, è mutato. Soltanto le vere opere d'arte, le quali dalla natura, dalla vita sono direttamente inspirate, rimangono, come queste perennemente giovani, e poderose in eterno. Imperocché non appartengono a una data epoca, ma all'umanità: e come perciò appunto dal loro proprio tempo – a cui disdegnarono di conformarsi – furono tiepidamente accolte, e, svelando in modo indiretto e negativo gli errori di quello, furono tardi e contro voglia riconosciute; così in compenso non possono invecchiare, e ancor ne' tempi più lontani parlano con voce fresca e sempre giovane: non più esposte a venir trascurate o misconosciute, ma immutabilmente coronate e sanzionate dal plauso delle poche teste capaci di giudicare, le quali compaiono isolate e rare nei secoli18 e depongono i loro voti – la cui somma lentamente crescendo serve di base a quell'autorità, che sola costituisce il tribunale, a cui si allude quando diciamo di fare appello alla posterità. Sole formano il tribunale queste teste isolate, che successivamente appariscono: perché la folla della posterità sarà e rimarrà in ogni tempo stolta e ottusa come nel passato e come nel presente.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368