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      Ma nondimeno accanto a questo, e insieme con questo, colui che canta diviene, alla vista della natura d'intorno, conscio di sé qual soggetto del puro conoscere, scevro di volontà: la cui incrollabile pace spirituale viene a trovarsi in contrasto con l'urto del volere sempre costretto, ancor sempre assetato. E la sensazione di tal contrasto, di tal giuoco alterno, è proprio ciò che s'esprime nel complesso della canzone, e costituisce in genere lo stato lirico. Si direbbe, che in tal stato ci si faccia dappresso il puro conoscere, per liberarci dal volere e dal suo impulso; noi lo seguiamo, ma sol per brevi istanti: sempre di nuovo il volere, il ricordo dei nostri fini personali, ci strappa alla pacata contemplazione; ma ogni volta ci discioglie dai lacci del volere la bella natura circostante, nella quale a noi si offre la pura conoscenza libera da volontà. Perciò sono nella canzone e nella disposizione lirica il volere (l'interesse personale per i propri fini) e la pura intuizione del mondo circostante in singolar modo frammisti: tra loro vengon cercate e immaginate relazioni; la disposizione soggettiva, la commozione della volontà comunica i suoi colori all'ambiente intuito, e questo a quella: di tutto questo stato d'anima sì commisto e discorde è la vera canzone un riflesso. Per rendere comprensibile con esempi questa analisi astratta d'uno stato ben lontano da ogni astrazione, sì può prender ciascuna delle immortali canzoni di Goethe; ma come particolarmente chiare per il nostro scopo ne raccomando solo alcune: Lamento d'un pastore, Il benvenuto e il commiato, Alla luna, Sul lago, Sensazione d'autunno28 Sono anche ottimi esempi le canzoni del Wunderhorn: soprattutto quella che comincia: O Brema, or ti debbo lasciare29. Come parodia comica, e giustissima, del carattere lirico, mi sembra notevole una canzone, in cui Voss descrive ciò che prova un copritetti ubriaco, nell'atto di cader da una torre; il quale, pur cadendo, fa l'osservazione, molto fuori luogo nel suo stato presente, e quindi spettante alla conoscenza scevra di volontà, che l'orologio della torre segna per l'appunto le undici e mezza.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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