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      Molto notevole è ancora l'analogia che segue. Abbiamo nel precedente libro veduto che, malgrado il reciproco adattamento, rispetto alle specie, di tutti i fenomeni della volontà (il che dà luogo alla considerazione teleologica), rimane tuttavia un non eliminabile contrasto tra quei fenomeni individualmente; il quale è in tutti i lor gradi visibile, e riduce il mondo a un perenne campo di battaglia tra i fenomeni tutti dell'una e identica volontà, facendo palese così l'intimo dissidio di quest'ultima con se medesima. A ciò pur si trova corrispondenza nella musica. Invero un sistema armonico di suoni interamente puro è impossibile non solo fisicamente, ma già perfino aritmeticamente. I numeri stessi, co' quali si esprimono i toni, hanno irrazionalità non riducibili: nessuna scala sarebbe mai possibile a calcolare, entro la quale ogni quinta stesse al tono fondamentale come 2 sta a 3, ogni terza maggiore come 4 a 5, ogni terza minore come 5 a 6, e così via. Perché, se i toni sono esatti rispetto al tono fondamentale, non lo son più reciprocamente, che allora, per esempio, dovrebbe la quinta esser la terza minore della terza, etc. I toni della scala rassomigliano ad attori, che debbano rappresentare or questa or quella parte. Una musica perfettamente esatta non si può adunque pensare, nonché eseguire, e dalla purezza piena si discosta ogni possibile musica. Questa può solamente celare le dissonanze in lei essenziali, distribuendole fra tutti i toni, ossia per mezzo di tempera. Si veda a questo proposito l'I di Chladni, § 30, e del medesimo la Breve esposizione della teoria dei suoni e dell'armonia, p. 1234. Avrei ancor parecchio da aggiungere sul modo onde la musica vien percepita, ossia unicamente nel tempo e per il tempo, con assoluta esclusione dello spazio, ed anche senz'influsso della conoscenza di causalità, ossia dell'intelletto: imperocché i suoni musicali già producono come effetto l'impressione estetica, senza che si debba risalire alla loro causa, come accade nell'intuizione.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Chladni Breve