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      Gli è pure una contraddizione che s'afferra con mano, proclamar libera la volontà e tuttavia prescrivere a lei leggi, in base alle quali ella deve volere: – «deve volere!» – come chi dicesse: ferro fatto di legno! Invece, come appare da tutto il nostro modo di vedere, è la volontà non soltanto libera, bensì onnipotente: da lei procede non pure la sua condotta, ma anche il suo mondo; e quale ella è, tale appare la sua condotta, tale appare il suo mondo: sua conscienza di sé sono quella e questo, e null'altro: ella determina se stessa, e determina con ciò condotta e mondo: perché nulla è fuori di lei, e condotta e mondo sono lei medesima. Così soltanto ella è veramente autonoma; eteronoma è invece secondo ogni altra concezione. Il nostro sforzo filosofico può appena pervenire a interpretare e spiegare la condotta dell'uomo, le massime sì diverse, anzi contraddittorie, di cui quella condotta è vivente espressione, in rapporto con le considerazioni che abbiam fatte finora, nel modo stesso in cui abbiam cercato d'interpretare gli altri fenomeni del mondo, recandone l'essenza più intima nel dominio della limpida conoscenza astratta. La nostra filosofia affermerà in ciò quella stessa immanenza, affermata nelle considerazioni precedenti: non userà, venendo meno alla grande dottrina kantiana, le forme del fenomeno, di cui è espressione universale il principio di ragione, come un bastone da salto, per oltrepassare il fenomeno, che solo dà a quello un senso, e approdare allo sconfinato dominio delle vuote finzioni.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368